lunedì 11 febbraio 2013

Lectio da Citerna

Quinta Domenica del Tempo Ordinario – Anno C
 
Is 6,1-2a.3-8;    1Cor 15,1-15;     Lc 5,1-11

Nel Vangelo secondo Giovanni, Gesù, riferendosi alla sua missione fra gli uomini dice: “Io sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in sovrabbondanza”(Gv 10,10). Come porta a compimento oggi questa sua missione? Quale compito ha assegnato ai suoi discepoli? Ecco, a queste domande l’evangelista Luca risponde con un racconto: la chiamata dei primi tre discepoli.
Tutte tre le letture di questa domenica, ci presentono alcuni personaggi che sono stati chiamati a svolgere la missione di annunciatori della Parola di Dio e che reagiscono tutti alla stessa maniera: si sentono indegni, incapaci, inadeguati. Isaia dichiara di essere un uomo dalle labbra impure (Is 6,5). Pietro chiede a Gesù di allontanarsi da lui perché sa di essere un peccatore (Lc 5,8). Paolo afferma di un essere imperfetto, uno nato in modo anormale (1Cor 15,8). Possiamo continuare questa lista delle dichiarazioni di indegnità con altri personaggi: Geremia: “Ahimè, Signore Dio, ecco io non so parlare, perché sono giovane” (Ger 1,6). Mosè: “Mio Signore, io non sono un buon parlatore, sono impacciato di bocca e di lingua” (Es 4,10).
Sicuramente anche ognuno di noi abbiamo provato o proviamo l’inadeguatezza di fronte a dei compiti da svolgere, dove siamo chiamati a vivere la fede nel Risorto. La mancanza di preparazione non è un buon motivo per tirarsi indietro ... invece la percezione della propria inadeguatezza spirituale va superata tenendo presente l’opera di Dio: Egli attua la sua salvezza servendosi di uomini rivestiti di debolezza.
Cerchiamo di capire come Dio purifica i suoi profeti e i suoi apostoli e li abilita ad annunciare il suo messaggio. Il profeta Isaia attraverso un’esperienza interiore vede (nel linguaggio biblico vedere non significa aver avuto un’apparizione!) il Signore nella sua gloria e Gli risponde: “Eccomi, manda me”. Questa esperienza (vv. 6-7) gli dona la PARRESIA per essere un profeta del Signore. Paolo, dopo l’incontro con il Risorto sulla via di Damasco divenne un apostolo verace (Gal 1, 13-15 . 23). Pietro, come sappiamo, dopo l’esperienza sulla sponda del mare di Tiberiade, segue Cristo donando la sua vita come ha donato il Maestro (Gv 21,15-19).  
La comunità cristiana è invitata a incontrare il Risorto e a sperimentare la potenza della Risurrezione di Cristo, nei Sacramenti e nella Parola di Dio e non nelle “apparizioni”. Siccome la Risurrezione del Signore non è un fatto di questo mondo, non può essere dimostrata mediante prove chiare e ci sfuggirà sempre ai nostri sensi.  Ciò che verificabile della “Risurrezione” è quel cambiamento radicale che avviene in chi l’ha sperimentato questa potenza di Dio. Questo ci dice i protagonisti della lettura di oggi. Anche’essi sono arrivati a questa esperienza progressivamente, guidati dalla Scrittura e illuminati dallo Spirito.
Veniamo adesso al nostro brano. Innanzitutto notiamo il contesto in cui è ambientata. Siamo sulla riva del lago di Genèsert (…) ed è un giorno feriale. Gesù è pressato dalla folla e, viste due barche di pescatori, sale su quello di Pietro, lo prega di scostarsi un pò dalla terra, si siede e si mette ad ammaestrare la gente. Sicuramente l’evangelista ha volutamente idealizzata questa scena per trasmettere un insegnamento teologico. (Ricordiamoci sempre: il Vangelo è un testo di catechesi.  Ha lo scopo di alimentare la fede del discepolo e vuole far comprendere chi è Gesù al quale siamo chiamati a dare la nostra adesione. Per cogliere il messaggio che vuol dare l’evangelista, è sempre necessario tenere presente il linguaggio usato nel tempo in cui è stato scritto e fare molta attenzione ai riferimenti a volte espliciti, altre volte un pò velato, all’Antico Testamento).
Notiamo … c’è molto simbolismo in questo brano: mare, barca, rete, pesce. Sulla barca assieme a Gesù non ci sono persone eccezionali, sante. C’è gente buona, sì, ma peccatrice. Pietro lo riconoscerà anche in nome degli altri, “Signore allontanati da me che sono un peccatore” (v 8). Tuttavia, malgrado sia occupata da peccatori, è da questa barca che viene proclamata la Parola di Dio. Sappiamo che la barca rappresenta la comunità cristiana e dalla quale ci si deve attendere la voce del Maestro. Chi cerca la luce, consolazione e speranza è invitato a volgere lo sguardo a Gesù Maestro.
Il tema centrale del nostro brano sono i vv. 10b – 11. Il motivo principale per cui Luca narra questo episodio è di far capire ai discepoli della sua comunità qual è il compito cui sono chiamati: essere pescatori di uomini. Il Verbo impiegato dall’evangelista per descrivere questa missione non è propriamente “pescare”, ma catturare vivi, “prendere per mantenere in vita” (Nm 31,15.18; Gs 2, 13; 6, 25) e dunque portare alla vita. Questa missione è stata affidata a tutta la comunità cristiana quindi a ogni battezzato.
Alcuni dettagli indicano che Pietro ha un compito particolare da svolgere nella Chiesa: (vv, 4.5.8.10) quello di ascoltare con attenzione la Parola del Signore e di dirigersi poi, assieme agli altri discepoli, non dove l’esperienza e abilità professionale gli suggerirebbero di andare, ma dove il Maestro gli indica. Questa sottolineatura non ha lo scopo di sollecitare coloro che nella comunità cristiana, svolgono il ministero della presidenza a rivendicare per sé il diritto di comandare, di imporsi o addirittura di farla da padroni sul popolo di Dio (1Pt 5,3). E’ un invito a verificare il modo come esercitano il carisma dell’autorità.
Nella Bibbia le acque del mare sono il simbolo del potere del male e delle forze che portano alla morte. Uomini che devono essere pescati, cioè aiutati a vivere sono coloro che si sentono travolti dai loro vizi, che sono in balia dei loro idoli, delle loro passioni sregolate, che sono capaci solo di fare del male a se stessi e agli altri. Pesce che deve essere tirato fuori dalla sua condizione disperata è l’umanità intera che rischia di essere inghiottita dalla violenza, dagli odi, dalle guerre, dalla corruzione morale ...
Sant Ambrogio diceva: “Gli strumenti della pesca apostolica sono le reti, infatti, non fanno morire chi vi è preso, ma lo conservano per la vita, lo traggono dagli abissi alla luce e dal profondo conducano alla superficie chi vi era sommerso”. Questa missione non è solo dei preti o dei religiosi ma di tutti. Chiediamoci come comunità cristiana e come singolo battezzato: diamo la nostra adesione a Gesù e siamo davvero impegnati in questa missione oppure diciamo anche noi come Caino? (Gn 4,9)

      Salmo 137 (138)
Ti rendo grazie, Signore, con tutto il cuore:
hai ascoltato le parole della mia bocca.
Non agli dèi, ma a te voglio cantare,
mi prostro verso il tuo tempio santo.
Rendo grazie al tuo nome per il tuo amore e la tua fedeltà:
hai reso la tua promessa più grande del tuo nome.
Nel giorno in cui ti ho invocato, mi hai risposto,
hai accresciuto in me la forza.
Ti renderanno grazie, Signore, tutti i re della terra,
quando ascolteranno le parole della tua bocca.
Canteranno le vie del Signore:
Grande è la gloria del Signore!
La tua destra mi salva.
Il Signore farà tutto per me.
Signore, il tuo amore è per sempre:
non abbandonare l’opera delle tue mani.

     Preghiamo: Dio di infinita grandezza, che affidi alle nostre labbra impure e alle nostre fragili mani il compito di portare agli uomini l’annunzio del Vangelo, sostienici con il tuo Spirito, perché la tua Parola, accolta da cuori aperti e generosi, fruttifichi in ogni parte della terra. Per Cristo nostro Signore. Amen.

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