IV
domenica del Tempo Pasquale - ciclo C
At
13,14.43-52; Sal 99; Ap 7,9.14b-17; GV 10,27-30
Ogni
ciclo liturgico mette al centro della quarta domenica del tempo
pasquale la figura del pastore così come ce la consegna il vangelo
di Giovanni al capitolo 10: il ciclo A ci fa ascoltare i primi 10
versetti, il ciclo B i versetti seguenti dall’11 al 18; il ciclo C,
quest’anno, i versetti 27-30.
Il
contesto ampio della Scrittura:
la
figura del pastore e del gregge è una delle immagini che la
Scrittura usa moltissimo: la prende dal contesto quotidiano e
familiare del popolo di Israele e la usa per raccontarci qualcosa di
Dio e di noi: ci vuole dire chi è Dio per noi e chi siamo noi per
lui: è un’immagine che racconta l’alleanza che Dio fa con noi.
La troviamo nell’AT (per es. Gn 48,15-16; Salmo 95,6-7; Sal 23; sal
99; Ez 34) e nel NT, sia nei sinottici che in Gv.
Il
Gesù dei sinottici racconta parabole in cui si parla del pastore che
ha cura delle sue pecore per dirci come è fatto il Regno di Dio e
per raccontarci il cuore del Padre: Mt 18,12-14; Lc 15, 3-7.
Mc
6,33-34 usa questa immagine per dirci che Gesù stesso ha lo sguardo
del pastore, che vedendo la folla si commuove perché vede la gente
come percore che senza di lui non hanno pastore, sono sbandate.
Il
contesto giovanneo:
Giovanni
usa l’immagine del pastore nel discorso che Gesù fa in 10,1-21. I
tre versetti del nostro testo non sono immediatamente parte di questo
discorso, ma chiaramente lo riprendono e per capire cosa sta dicendo
Gesù è utile leggerli tenendo presente il contesto del capitolo 10,
ma anche del capitolo che precede Gv 9 e di quello che segue Gv 11.
1)
Ciò che precede:
in Gv
9
c’è la guarigione del cieco nato: sappiamo che il Vg di Gv non ci
parla di miracoli, ma di segni, 7 segni: un segno è qualcosa che
parla di qualcosaltro, è segno di qualcosa, e dunque è da
comprendere cosa vuole dire, cosa significa: Gesù guarisce un uomo
cieco dalla nascita e questo, ci dice Gv, è un segno: cosa
significa? E’ il segno con cui Dio ci parla della nostra relazione
con lui: ci viene a dire che la relazione con Gesù ci guarisce dalla
nostra incredulità: ci fa passare dalla cecità che è il non
credere al vedere che è la fede in Lui. Questo si vede bene nel
dialogo fra Gesù e il cieco dopo la guarigione: «Tu credi nel
Figlio dell’uomo? E chi è Signore perché io creda in lui? Tu
l’hai visto, colui che ti parla è proprio lui. Io credo Signore».
2)
Il nostro testo:
alla fine di questo segno compaiono quelli a cui è rivolto il
discorso del capitolo 10: sono quelli che non capiscono il segno
perché non vedono e non credono, cioè non vogliono entrare nella
relazione personale con Gesù. Gesù inizia un dialogo con loro,
perché lui è il pastore che va in cerca di tutte le sue pecore,
anche di quelle perdute, che non vogliono credere per avere la vita:
è il discorso del capitolo 10. La questione che c’è in gioco in
questo capitolo 10 e poi nei nostri versetti è la questione del
credere in Gesù. Si vede bene nei versetti 25-26 che introducono i
nostri tre. Il capitolo 10 ci spiega con l’immagine del pastore
cosa vuol dire credere in Gesù.
Credere
è vivere la relazione con Gesù: è questa relazione con lui che fa
passare dalle tenebre alla luce, dall’essere ciechi al vedere, e
per dire com’è questa relazione usa l’immagine del pastore e
delle pecore.
E
Gv 10,27 usa tre
verbi
per dire questa relazione: ascoltare, conoscere, seguire.
Le
pecore ascoltano
la sua voce:
Gesù parla, ci dà la sua Parola: vivere la relazione con lui
pastore è ascoltare la parola che ci dice. E’ quello che Gesù sta
facendo anche qui, proprio con quelli che non credono: parla con
loro, dice loro queste parole che possono aprirli alla relazione con
lui.
Il
pastore conosce
le pecore:
sappiamo che «conoscere» nella Scrittura non dice la conoscenza
intellettuale, di comprensione razionale, ma di relazione e d’amore:
Gesù ci conosce, è in relazione con noi, ci ama.
Le
pecore lo seguono:
è il verbo del discepolato: chi ha ascoltato Gesù e la sua parola
si mette in un cammino di sequela dietro a lui dove il cammino è
proprio questo ascoltare la sua voce e fare l’esperienza
dell’essere conosciuti e amati da lui.
3)
Ciò che segue: Gv 11,
che segue il nostro testo, ci consegna l’ultimo segno del vangelo
di Gv, il segno della risurrezione di Lazzaro: ecco, qui si vede cosa
vuol dire essere pecora di Gesù pastore, ascoltare la sua voce
seguirlo e fare esperienza del suo amore: Lazzaro è la pecora, il
discepolo, che ascolta la voce del pastore: «Lazzaro, vieni fuori!»
E Lazzaro riconosce, dentro la morte in cui si trova, la voce del
pastore che dà la vita alle sue pecore e viene fuori dalla morte:
«Le pecore ascoltano la sua voce: il pastore chiama le sue pecore a
una a una e le conduce fuori. E quando ha condotto fuori tutte le sue
pecore, cammina innanzi a loro e le sue pecore lo seguono perché
conoscono la sua voce» (Gv 10,3)
Fare
il cammino del discepolo dietro a Gesù pastore è fare il cammino
della relazione con Lui, una relazione di fede e di amore, che ci
tira fuori dalla morte e ci dà la vita: «io do loro la vita eterna
e non andranno mai perdute» (Gv 10, 28). Capiamo bene che fare
questo cammino è vivere la Pasqua e perciò la relazione con Gesù,
l’ascolto di lui e il sentirsi amati da lui, è vivere la vita
nella Pasqua.
Il
contesto liturgico del tempo pasquale:
Siamo
ancora nel tempo pasquale: abbiamo celebrato la Pasqua liturgica e in
questo tempo che la Chiesa ci consegna c’è la grazia e la
possibilità di lasciare che la Pasqua del Signore entri sempre più
profondamente nella nostra vita. Ci possiamo chiedere: siamo in
ascolto della voce del Pastore che ci vuole tirare fuori da quello
che ancora sa di morte dentro di noi e nel nostro relazionarci con
Dio e fra noi? Ci sentiamo amati e conosciuti dal Pastore che è
entrato prima di noi e per noi nella morte per darci la Vita così da
fidarci e di Lui per seguirlo con tutta la nostra vita nella sua
Pasqua?
Salmo
99
Acclamate
il Signore, voi tutti della terra, servite il Signore nella gioia,
presentatevi
a lui con esultanza.
Riconoscete
che solo il Signore è Dio: egli ci ha fatti e noi siamo suoi,
suo
popolo e gregge del suo pascolo.
Perché
buono è il Signore, il suo amore è per sempre, la sua fedeltà di
generazione in generazione.
Orazione
O
Dio, fonte della gioia e della pace, che hai affidato al potere
regale del tuo Figlio le sorti degli uomini e dei popoli, sostienici
con la forza del tuo Spirito e fa’ che nelle vicende del tempo non
ci separiamo mai dal nostro pastore che ci guida alle sorgenti della
vita. Egli è Dio e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito
Santo per tutti i secoli dei secoli.
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