venerdì 19 aprile 2013

Lectio per la IV domenica del Tempo Pasquale


IV domenica del Tempo Pasquale - ciclo C
At 13,14.43-52; Sal 99; Ap 7,9.14b-17; GV 10,27-30

Ogni ciclo liturgico mette al centro della quarta domenica del tempo pasquale la figura del pastore così come ce la consegna il vangelo di Giovanni al capitolo 10: il ciclo A ci fa ascoltare i primi 10 versetti, il ciclo B i versetti seguenti dall’11 al 18; il ciclo C, quest’anno, i versetti 27-30.

Il contesto ampio della Scrittura:
la figura del pastore e del gregge è una delle immagini che la Scrittura usa moltissimo: la prende dal contesto quotidiano e familiare del popolo di Israele e la usa per raccontarci qualcosa di Dio e di noi: ci vuole dire chi è Dio per noi e chi siamo noi per lui: è un’immagine che racconta l’alleanza che Dio fa con noi. La troviamo nell’AT (per es. Gn 48,15-16; Salmo 95,6-7; Sal 23; sal 99; Ez 34) e nel NT, sia nei sinottici che in Gv.
Il Gesù dei sinottici racconta parabole in cui si parla del pastore che ha cura delle sue pecore per dirci come è fatto il Regno di Dio e per raccontarci il cuore del Padre: Mt 18,12-14; Lc 15, 3-7.
Mc 6,33-34 usa questa immagine per dirci che Gesù stesso ha lo sguardo del pastore, che vedendo la folla si commuove perché vede la gente come percore che senza di lui non hanno pastore, sono sbandate.

Il contesto giovanneo:
Giovanni usa l’immagine del pastore nel discorso che Gesù fa in 10,1-21. I tre versetti del nostro testo non sono immediatamente parte di questo discorso, ma chiaramente lo riprendono e per capire cosa sta dicendo Gesù è utile leggerli tenendo presente il contesto del capitolo 10, ma anche del capitolo che precede Gv 9 e di quello che segue Gv 11.

1) Ciò che precede: in Gv 9 c’è la guarigione del cieco nato: sappiamo che il Vg di Gv non ci parla di miracoli, ma di segni, 7 segni: un segno è qualcosa che parla di qualcosaltro, è segno di qualcosa, e dunque è da comprendere cosa vuole dire, cosa significa: Gesù guarisce un uomo cieco dalla nascita e questo, ci dice Gv, è un segno: cosa significa? E’ il segno con cui Dio ci parla della nostra relazione con lui: ci viene a dire che la relazione con Gesù ci guarisce dalla nostra incredulità: ci fa passare dalla cecità che è il non credere al vedere che è la fede in Lui. Questo si vede bene nel dialogo fra Gesù e il cieco dopo la guarigione: «Tu credi nel Figlio dell’uomo? E chi è Signore perché io creda in lui? Tu l’hai visto, colui che ti parla è proprio lui. Io credo Signore».

2) Il nostro testo: alla fine di questo segno compaiono quelli a cui è rivolto il discorso del capitolo 10: sono quelli che non capiscono il segno perché non vedono e non credono, cioè non vogliono entrare nella relazione personale con Gesù. Gesù inizia un dialogo con loro, perché lui è il pastore che va in cerca di tutte le sue pecore, anche di quelle perdute, che non vogliono credere per avere la vita: è il discorso del capitolo 10. La questione che c’è in gioco in questo capitolo 10 e poi nei nostri versetti è la questione del credere in Gesù. Si vede bene nei versetti 25-26 che introducono i nostri tre. Il capitolo 10 ci spiega con l’immagine del pastore cosa vuol dire credere in Gesù.

Credere è vivere la relazione con Gesù: è questa relazione con lui che fa passare dalle tenebre alla luce, dall’essere ciechi al vedere, e per dire com’è questa relazione usa l’immagine del pastore e delle pecore.

E Gv 10,27 usa tre verbi per dire questa relazione: ascoltare, conoscere, seguire.
Le pecore ascoltano la sua voce: Gesù parla, ci dà la sua Parola: vivere la relazione con lui pastore è ascoltare la parola che ci dice. E’ quello che Gesù sta facendo anche qui, proprio con quelli che non credono: parla con loro, dice loro queste parole che possono aprirli alla relazione con lui.
Il pastore conosce le pecore: sappiamo che «conoscere» nella Scrittura non dice la conoscenza intellettuale, di comprensione razionale, ma di relazione e d’amore: Gesù ci conosce, è in relazione con noi, ci ama.
Le pecore lo seguono: è il verbo del discepolato: chi ha ascoltato Gesù e la sua parola si mette in un cammino di sequela dietro a lui dove il cammino è proprio questo ascoltare la sua voce e fare l’esperienza dell’essere conosciuti e amati da lui.

3) Ciò che segue: Gv 11, che segue il nostro testo, ci consegna l’ultimo segno del vangelo di Gv, il segno della risurrezione di Lazzaro: ecco, qui si vede cosa vuol dire essere pecora di Gesù pastore, ascoltare la sua voce seguirlo e fare esperienza del suo amore: Lazzaro è la pecora, il discepolo, che ascolta la voce del pastore: «Lazzaro, vieni fuori!» E Lazzaro riconosce, dentro la morte in cui si trova, la voce del pastore che dà la vita alle sue pecore e viene fuori dalla morte: «Le pecore ascoltano la sua voce: il pastore chiama le sue pecore a una a una e le conduce fuori. E quando ha condotto fuori tutte le sue pecore, cammina innanzi a loro e le sue pecore lo seguono perché conoscono la sua voce» (Gv 10,3)
Fare il cammino del discepolo dietro a Gesù pastore è fare il cammino della relazione con Lui, una relazione di fede e di amore, che ci tira fuori dalla morte e ci dà la vita: «io do loro la vita eterna e non andranno mai perdute» (Gv 10, 28). Capiamo bene che fare questo cammino è vivere la Pasqua e perciò la relazione con Gesù, l’ascolto di lui e il sentirsi amati da lui, è vivere la vita nella Pasqua.

Il contesto liturgico del tempo pasquale:
Siamo ancora nel tempo pasquale: abbiamo celebrato la Pasqua liturgica e in questo tempo che la Chiesa ci consegna c’è la grazia e la possibilità di lasciare che la Pasqua del Signore entri sempre più profondamente nella nostra vita. Ci possiamo chiedere: siamo in ascolto della voce del Pastore che ci vuole tirare fuori da quello che ancora sa di morte dentro di noi e nel nostro relazionarci con Dio e fra noi? Ci sentiamo amati e conosciuti dal Pastore che è entrato prima di noi e per noi nella morte per darci la Vita così da fidarci e di Lui per seguirlo con tutta la nostra vita nella sua Pasqua?

Salmo 99
Acclamate il Signore, voi tutti della terra, servite il Signore nella gioia,
presentatevi a lui con esultanza.

Riconoscete che solo il Signore è Dio: egli ci ha fatti e noi siamo suoi,
suo popolo e gregge del suo pascolo.

Perché buono è il Signore, il suo amore è per sempre, la sua fedeltà di generazione in generazione.

Orazione
O Dio, fonte della gioia e della pace, che hai affidato al potere regale del tuo Figlio le sorti degli uomini e dei popoli, sostienici con la forza del tuo Spirito e fa’ che nelle vicende del tempo non ci separiamo mai dal nostro pastore che ci guida alle sorgenti della vita. Egli è Dio e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo per tutti i secoli dei secoli. 

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