Il brano dell’evangelo di Gv di questa terza domenica del tempo pasquale, è molto ricco: di temi, di immagini, di simboli e avrebbe bisogno di altre voci più qualificate della mia.
Il cap 21 costituisce un epilogo o un’ appendice al IV ev. e secondo numerosi esegeti non rientrava nella originaria opera giovannea. Infatti non si armonizza con le precedenti manifestazioni a Gerusalemme, ma immette una prospettiva ecclesiale incentrata sul diverso ruolo di Pietro e del discepolo amato.
La struttura del cap. è evidente: vv.1-14: racconto della pesca miracolosa
vv.15-23: riabilitazione e funzione di Pietro
nella chiesa
vv. 24-25: conclusione generale
ü Da Gerusalemme ci troviamo in Galilea sul lago di Tiberiade.
Spostamento geografico da sottolineare: qui ebbe inizio il ministero di Gesù e si verificò la chiamata dei primi 4 discepoli (Lc 5, 1-11) ed è in obbedienza alla parola dell’apparizione in Mc 16,7: “dite ai suoi discepoli e a Pietro: Egli vi precede in Galilea. Là lo vedrete, come vi ha detto.”
ü C’è un ritorno alla ferialità di prima, una dispersione e uno smarrimento. Dobbiamo essere molto attenti ai termini usati dall’ev. Gv, che non sono messi mai a caso.
Salgono sulla barca e nella notte non prendono nulla.
All’alba Gesù è sulla riva, e dice: “Gettate la rete dalla parte destra della barca e troverete.”
I discepoli vivono la notte dell’infecondità e dell’assenza del Signore.
La barca nell’insieme della tradizione evangelica, sembra essere luogo di prova e di purificazione della fede è anche luogo di paura, di timore, di fronte al mare che è simbolo di ogni forma con cui il male minaccia la vita degli uomini e la fede dei discepoli.
Nella tradizione la barca è anche un simbolo ecclesiale e la chiesa è appunto questo, una comunità in cui la piccola fede è chiamata a divenire una grande fede, in cui il non-sapere che era Gesù può divenire la conoscenza piena di chi grida «È il Signore!», in cui l’infecondità di una rete vuota si trasforma in una rete traboccante di 153 grossi pesci.
prendere e trovare: la differenza non è poca. Prendere (o meglio catturare) ha come radice un’impresa autonoma e autoreferenziale che isterilisce. Trovare è invece accogliere qualcosa che è già dato e offerto. Sarà lo stesso Pietro a portare a riva la rete (da solo!) piena di pesci senza rompere le reti. Ora può farlo perché si è gettato nel mare (le acque simbolo del battesimo). Si rende così pienamente partecipe del mistero pasquale e ratifica la sua vocazione di pescatore di uomini (Lc 5,10).
ü “E’ il Signore!”: Kyrios ovvero il Risorto: è il discepolo che Gesù amava che riconosce, come al sepolcro. Lui che ha posato il capo sul petto del Signore è capace di segnalare a Pietro la sua presenza: solo l’amore VEDE!
ü Gettarsi in acqua e risalire, nudità e veste sono allusioni al battesimo. Pietro seppellisce il suo passato, affogando presunzioni e tradimenti, per risalire a riva e incontrare il Signore.
ü scesi a terra videro un fuoco con del pesce sopra: non si dice che vedono Gesù. Adesso diventa chiaro il discorso della sinagoga di Cafarnao (cap.6) sul pane di vita. Il Signore è il pane offerto, Gv infatti segue la narrazione: sapevano bene che era il Signore(v.12).
ü vv. 15-19: nel dialogo tra Gesù e Pietro, possiamo notare quasi una accondiscendenza di Gesù verso Pietro, un suo adeguarsi, quasi uno scendere al suo livello. Gesù scende sì a livello di Pietro, ma perché Pietro possa venire innalzato alla qualità dell’amore di Gesù.
Attraverso questo dialogo l’amore incondizionato di Gesù entra nell’amore umano di Pietro, e in questa amicizia intima con il suo Signore, Pietro diviene anche capace di dare la sua vita - come Gesù - per i propri amici. «Nessuno infatti ha un amore più grande di questo: dare la sua vita per i propri amici» (15,13)
Gesù chiede a Pietro se lo ama “più” degli altri, che non è una competizione con gli altri, ma con se stesso, per vincere paura, orgoglio, egoismo, per guarire il tradimento. Questo vale anche per noi: l’amore è sempre un di più che se non cresce, diminuisce e agonizza!
Solo allora Pietro diviene il pastore che non solo guida il gregge con la propria autorità, ma lo nutre con la sua stessa vita. Seguire Gesù è un’espressione che dice in sintesi tutta la vita cristiana: si segue chi si ama, per essere con lui e come lui.
Come sempre l’Evangelo ci interpella, ci illumina nelle nostre notti, ci rende capaci di confessare il Signore presente nella nostra quotidianità e di seguirlo nel di più che ci chiede personalmente per vivere veramente da figli e figlie, rigenerati dal suo perdono, testimoni credibili della Risurrezione.
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